BUONGIORNO!
E’ adesso? L’ho appena salutata e non so cosa fare. Pensare. Non ho parole. Anche se siamo in piena estate tremo. Impotente. “Ospedale. Sospetto tumore all’utero. Ulteriori accertamenti. Un nuovo ricovero è indispensabile”.
Sono da poco passate le otto del mattino. E’ il ricordo della telefonata. Piena di lacrime. Le sue. E un imbarazzato silenzio. Il mio. Non proferisco parola. Io che mi fregio di avere, praticamente sempre, la risposta pronta. O la frase adatta alla circostanza.
Dovrei andare al lavoro ma fatico ad accendere la macchina. Ho appena comprato il giornale ma la notizia più drammatica, oggi, non è quella sulla pandemia.
Mi consola sapere che Oscar, il compagno e Simona, la sorella le sono vicini. Fisicamente.
E’ inutile, però, fingere: nella malattia sei solo. Drammaticamente solo. Nonostante la vicinanza. L’affetto. L’Amore.
Di Oscar, di Simona e un po’ anche il mio (“vicinanza e affetto” nello specifico, metti che Oscar legga questo breve racconto; è un uomo tranquillo ma se tocchi la “sua donna”, usando il vecchio, caro linguaggio patriarcale, diventa una iena).
Ok, dopo la botta, devo capire come fare per essere vicino ad Oriana per dimostrarle che sono un suo vero amico.
E gli amici si vedono nel momento del bisogno. Già mi “autoconsolo” con questa prima frase piena di enfasi. Necessito solo di preparare il mio pacifico arsenale di frasi fatte! Io, che faccio cinema tutti i giorni – in realtà sono un dipendente comunale, che è, più o meno, la stessa cosa -.
“la vita è un viaggio! E questo è un ostacolo che dovrai superare”. Niente male, ma non stiamo parlando di corsa ma di un tumore.
Mi devo sforzare, posso fare meglio di così: “E’ una immensa prova che dovrai affrontare”, nemmeno fosse un esame universitario. Qui non puoi rifiutare il voto. O ritirarti.
Oriana ama la montagna – quante gite insieme negli passati – e quindi una bella metafora montanara sarà sicuramente apprezzata qualcosa tipo “montagna da scalare”; mancano solo lo zaino, la borraccia e la mappa. E l’irto sentiero? Lo dimentichiamo?
Non devo cadere nel ridicolo. Sento ancora le sue lacrime bagnarmi il cuore. La sua paura. Il suo dolore.
Questa giovane donna con cui ho condiviso New York, l’impegno nel volontariato e soprattutto i concerti di Vasco Rossi non ha bisogno di compassione. Di retorica.
E nemmeno io devo fingere. Si fa al cinema, ops in Comune, non con lei. Non con le persone a cui si vuole davvero bene. Non con gli Amici. Non con le Amiche.
E così, d’istinto, decido che le sarò vicino tutti i giorni con un messaggino quotidiano!
Un “buongiorno!” per dirle che io ci sono. E ci sarò. Al suo fianco (in senso metaforico, preciso per Oscar che, nel frattempo, è diventato suo marito!...e metti che non abbia ancora abbandonato la lettura del racconto…).
E oggi, anche se il percorso clinico, per fortuna – ogni tanto un po’ di “culo” (si può dire?) ci vuole - è positivamente concluso, il messaggino giornaliero non manca.
Con l’autorizzazione di Oscar naturalmente, perché, in fondo viviamo ancora in una società patriarcale. Ma questa è un’altra storia.