La notte più bella.
Avevamo atteso questo momento per anni.
Tanta speranza, tanti test di gravidanza con un risultato sempre diverso da quello atteso.
E finalmente quella notte del 12 Dicembre era arrivata!
Qualche settimana prima del previsto, ma la nostra Livia stava finalmente per nascere.
Alle 23:35 nasceva la nostra piccola Livia, la nostra stella, il nostro tesoro.
Un attimo prima la mia preoccupazione più grande era che fosse sana.
Un attimo dopo ricevevo la notizia peggiore che avrebbe stravolto per sempre la mia vita e quella di mia figlia: “una massa strana, ma non si preoccupi, facciamo i vetrini per precauzione ma vedrà che non sarà nulla”.
E invece purtroppo era qualcosa!
Io e Annarita non ci siamo mai dati per vinti.
Fino all’ultimo giorno abbiamo continuato a sperare di poter crescere insieme nostra figlia.
33 mesi di interventi chirurgici, chemioterapie, visite oncologiche, incidenti di percorso…
Sotto la doccia facevo spesso il conto di quanti mesi ci rimanevano per vivere insieme, cercando per quanto possibile di essere ottimista. Qualcuno mi aveva detto 18 mesi, ma erano già 19, 20, 21… l’oncologo che l’aveva seguita durante le terapie quando mi informò che non c’era più nulla da fare mi disse anche lui implacabile: “lo sapevamo che l’aspettativa di vita era di 18 mesi, dobbiamo già essere soddisfatti di essere andati oltre”.
NO… io non lo sapevo… o forse non volevo saperlo!
Probabilmente non si è mai pronti a perdere l’Amore della tua vita anche se ti viene detto e ripetuto da più parti.
Come si può pensare di perdere la propria compagna e tutto questo quando si sta coronando il sogno di una famiglia più numerosa? Come?!
Sfido chiunque a “saperlo”.
Il 3 Settembre 2018 mia moglie, la mia compagna di vita da 15 anni, la madre di mia figlia moriva. Sì moriva, perché io e mia figlia abbiamo imparato subito ad usare la parola giusta: morte.
E’ un taboo di noi adulti quello di usare sempre delle metafore:
• Se ne è andata…
• E’ in cielo…
• E’ andata a fare un lungo viaggio…
Nel mezzo una sequela di interventi chirurgici forse col senno di poi inutili ma che nutrivano la speranza di entrambi.
Il primo il 13 Gennaio… molti mi dicono di non pensarci e di non credere a queste superstizioni antiche e figlie dell’ignoranza, ma io ci credo. Il 13 non era il nostro numero. Il numero della stanza dell’ultimo ricovero in ospedale?
Dopo quel primo intervento un primo ciclo di chemioterapia per 6 mesi. 1 volta a settimana, ore ed ore passate in sala d’attesa e poi in sala terapia a condividere le proprie paure con altri malati e con i loro familiari. Sei mesi che sembravano interminabili, ma ne seguirono altri.
Altre terapie, altri interventi. Altre lunghissime ore attese desiderando solo di ricevere una piccola buona notizia.
Ne uscivamo sempre convinti di potercela fare.
Annarita non mi si è mai dichiarata sconfitta e non si contano le occasioni in cui ha infuso coraggio al sottoscritto oppure a familiari ed amici. Lei è sempre stata fermamente convinta di farcela e di poter crescere quella figlia che aveva tanto cercato e desiderato.
E invece no…
Questa non è una storia di chi ce l’ha fatta, ma di qualcuno che ha lasciato un’eredità.
Chi lotta contro una malattia può vincere continuando a vivere, ma può vincere anche lasciando una memoria e un insegnamento per chi resta.
Mia moglie se ne è andata ma mi ha lasciato accanto il dono più grande: una vita che cresce e che le somiglia ogni giorno di più.
La memoria è qui con noi.
Livia oggi ha 6 anni ed è una bambina serena e felice. Una bambina come gli altri nonostante tutto.
Grazie Amore mio!